domenica 13 novembre 2011

LA DEVIANZA MINORILE E LE BABY GANGS


Quando si parla di delinquenza in genere si tende a immaginare il criminale adulto che conduce una vita ai margini della società violando le regole di convivenza civile e infrangendo costantemente le leggi. Pensare a individui strutturati e consapevoli che delinquono può più o meno colpire, indignare o lasciare indifferenti.
Un fenomeno che, però, non può essere ignorato da nessuno é quello della devianza minorile.
Fa male pensare a un bambino criminale. Perché lo diventa? Quale immensa frattura é intervenuta a interrompere un processo di crescita sana, quella alla quale ogni fanciullo ha diritto? Vandalismo, estorsioni, rapine, risse, pestaggi, i cui autori si collocano tra i 12 e i 18 anni da luogo a un particolare tipo di criminalità, presente ormai da tempo sul nostro territorio e in costante crescita, messa in atto dalle baby gang, vere e proprie bande organizzate costituite sia da minori italiani che da immigrati stranieri. Riguardo a questi ultimi se i nomadi rumeni si dedicano prevalentemente ai furti, i nordafricani vengono impegnati nello spaccio di droghe mentre ecuadoriani, peruviani e cileni commettono i reati più segnati dalla violenza fisica.
Secondo un recente rapporto del Centro per i Diritti del Cittadino, mentre nella capitale e nel sud Italia i piccoli criminali sono principalmente di nazionalità italiana, nel nord le baby gang sono formate maggiormente da gruppi sudamericani. La struttura di questi gruppi é simile a quella delle bande criminali, con un’organizzazione interna e una strategia di attacco. Nascono in quartieri o in determinate zone, di cui gli appartenenti alla banda si sentono in qualche modo padroni, si attribuiscono originali nomi che li contraddistinguano dalle bande rivali e si fanno la guerra seminando il panico sui territori prescelti.
Non mancano elementi femminili al loro interno che spesso sono anche più aggressivi dei loro compagni di squadra per dimostrare a questi ultimi la loro "parità".
Non sempre c'é una logica nella scelta delle vittime. Talvolta si tratta di persone percepite come più deboli: diversamente abili, anziani, barboni, persone appartenenti ad un'altra razza o di diverso orientamento sessuale, altrimenti può andar bene chiunque capiti loro sotto tiro.
La modalità delle aggressioni è quasi sempre la stessa. Viene individuata la vittima e circondata senza darle alcuna possibilità di reagire, si procede poi all'intimidazione insultandola per poi picchiarla.
Non di rado le malefatte commesse vengono riprese e i video autocelebrativi vengono caricati su Youtube e su altri siti mentre social network come Facebook e Hi5 vengono utilizzati per tenersi in contatto tra loro.
Cosa spinge questi giovani ad agire così ? Si sente parlare spesso di malessere generazionale, di caduta e vuoto di valori, ma non credo si possa generalizzare un problema così delicato. Innanzitutto, per individuare le cause del fenomeno ritengo debba esser fatta una netta distinzione tra ragazzi provenienti da famiglie disatrate e vittime a loro volta di violenza assistita e giovani che invece appartengono a nuclei familiari, almeno apparentemente, solidi e ben strutturati.
Nel primo caso intraprendere una strada sbagliata, vale per gli italiani, come per gli stranieri, costituisce la conseguenza dell'abbandono affettivo e della mancanza di una guida.
Una situazione economica e familiare precaria, l'allontanamento dal Paese d'origine, località residenziale e luoghi frequentati vicini ai punti di ritrovo dei malavitosi, maltrattamenti subiti o ai quali si é soliti assistere in casa, son tutti fattori che possono slatentizzare una forte aggressività soprattutto in un momento delicato della vita come quello dell'adolescenza.
Il giovane, disperato, sente il bisogno di affermare la propria identità attraverso l'appartenenza ad un gruppo di pari e ricorre all'estremizzazione del bullismo per gridare al mondo la sua esitenza e il bisogno di attenzione
Diversa é, invece, la realtà per quei ragazzi che, al contrario son cresciuti ""nella bambagia e hanno alle spalle famiglie spesso benestanti. In questo caso é forse più appropriato parlare di caduta di valori. Una societa' adulta, senza valori, o che comunque non e' più capace di trasmetterli; famiglie il cui unico modello etico consiste ormai nell' accumulazione di benessere; una classe politica che sponsorizza di fatto una cultura dell' illecito, con una sistematica delegittimazione dell' autorita' giudiziaria, possono determinare un vuoto incolmabile nei giovani più fragili che, non sapendo come rispondere a ciò, scelgono di delinquere andando a cercarsi discutibili punti di riferimento in strada.
E'dunque sempre colpa della famiglia ?
La responsabilità che ha quest'ultima é molto grande. Nel primo caso per l'incuria, l'ignoranza, la mancanza di mezzi e strumenti per far fronte a un esercizio adeguato della potestà genitoriale.
Nel secondo caso per la superficialità, l'individualismo, la noia, la deresponsabilizzazione quando si sceglie di privilegiare la strada della concessione a oltranza a quella dell'educazione responsabile.
Un bambino delinquente é una responsabilità sociale.
Una mano sulla coscienza dovremmo quindi, a mio parere, metterla tutti indistintamente.

Cinzia Mammoliti
www.didonnainvestigazioni.com












giovedì 18 agosto 2011

Pedofilia: un problema sempre attuale


Anche se viviamo in una società che sempre più combatte per tutelare i diritti dei minori e riconoscere all'infanzia un ruolo fondamentale nella costruzione della personalità dell'essere umano sono ancora moltissimi i bambini, ad oggi, che subiscono violenze quotidiane di ogni tipo, sia fisiche che psicologiche.
Secondo l'ultimo Rapporto ONU 2006 almeno 54.000 minori sono stati uccisi nel 2002; 223.000 costretti a rapporti sessuali o comunque contatti fisici forzati; 1.8 milioni sono vittime del giro della prostituzione e della pornografia; 1.2 risultano essere vittime del traffico di essere umani e tra i 100 e i 140 milioni di ragazze hanno subito una mutilazione genitale.
Secondo uno studio mondiale elaborato dopo quattro anni di ricerche è risultato che 150 milioni di bambine nel mondo, ossia circa il 14% della popolazione infantile del pianeta, sono vittime di abusi sessuali, mentre i maschi sottoposti a tali brutalità sono circa 73 milioni.
Si tratta di cifre raccapriccianti.
Sorge spontaneo indignarsi quando si parla di pedofilia Sentir solo pronunciare questa parola indispone e irrita perché evoca un mondo mostruoso di violenze perpetrate ai danni delle creature più fragili e innocenti che esistano: i bambini.
L'argomento resta, purtroppo, perennemente attuale poiché pedofilia e pedocriminalità continuano ad alimentare un mercato ricchissimo e con interessi ramificati in tutto il mondo e la cifra oscura che riguarda questo reato rimane ancora molto alta.
Ipocrisia e omertà sono, infatti, alleate dell'abuso all'infanzia dal momento che questa tragedia è molto più diffusa di quanto non si creda e non riguarda soltanto la violenza sessuale perpetrata fin dai primi anni di vita della vittima , ma anche condizionamenti psicologici e molestie morali che fanno crescere il bambino con profondi problemi destinati, il più delle volte, ad esplodere, con effetti devastanti, in età adulta.
La maggior parte dei bambini abusati, per esempio, diverrà a sua volta abusante e questa é solo una delle gravissime conseguenze che possono derivare dall'essere stati vittime di pedofilia.
Ma chi é il pedofilo ? Non esiste purtroppo una tipologia ben definita e di facile identificazione poichè la pedofilia é praticata da uomini, talvolta donne, giovani, anziani, omosessuali, eterosessuali, sconosciuti, ma ancora più spesso familiari.
E'stato, infatti, accertato che la maggior parte di abuso e violenze a danno di minori si verificano in famiglia e, nello specifico, gli autori possono essere parenti stretti, genitori, nonni, come nei recenti casi di un 72enne della provincia di Viterbo che abusava sessualmente da tempo delle nipotine rispettivamente di 8 e 10 anni e dei genitori di Palermo che violentavano e vendevano a conoscenti il figlio di 13 anni.
Sono episodi aberranti e contro natura che, però, esistono da sempre perché la pedofilia affonda le proprie radici nella storia dell'umanità ed è stata fino ad oggi, ed è in gran parte ancora, tenuta nascosta quale patologia occulta ed inconfessabile, per l'evidente contrasto con i più basilari principi della convivenza e della morale collettiva.
Se una tipologia specifica di pedofilo non esiste si possono, però, individuare tratti distintivi che accomunano molti di questi soggetti gravemente disturbati.
Essi provengono, spesso, da famiglie inadeguate ed emotivamente disattente, presentano alti livelli di immaturità affettiva e funzioni emotive instabili, presentano forti difficoltà ad inibire gli impulsi sessuali, bassa tolleranza alle frustrazioni e ipersensibilità alle critiche.
Spesso convinti di non ledere i bambini che abusano, ricorrono a distorsioni cognitive per convincere se stessi della bontà e genuinità degli atti riprovevoli che commettono arrivando a credere che il contatto sessuale faccia addirittura bene al bambino e che sia da esso cercato e desiderato.
Molti scelgono appositamente professioni che possano garantire uno stretto contatto con le vittime per meglio poterle adescare ed ecco perché non c é da stupirsi quando la cronaca porta alla luce casi di insegnanti, educatori e perfino preti pedofili.
Un'importante fetta del mercato in espansione é poi, oggi, data dalle nuove tecnologie.
Chat, webcam, posta elettronica e molti altri sistemi di interazione collegatii alla navigazione on line possono diventare estremamente invasivi per un bambino e favorire molestie e adescamento a fine di abusi sessuali e-o pedo-pornografia
In una ricerca condotta fra 1500 bambini:
    • il 20% dice che chatta regolarmente;
    • il 21% si chiama per nome con gli altri utenti delle chat;
    • il 53% è coinvolto in conversazioni di natura sessuale. E questo nell'età da 8 a 11 anni;
    • il 16% dice di avere avuto degli incontri faccia a faccia. Questi sono bambini che chattano regolarmente in rete. Molti di loro si recano non accompagnati agli incontri concordati sul web (Fonte: Save the Children, maggio 2004).


Che strumenti possiede, oggi, un genitore per cercare di tutelare i propri figli ?

Innanzitutto dovrebbe acquisire egli stesso la consapevolezza delle opportunità e dei rischi dei mezzi in questione, diventando un interlocutore informato e un supporto al bambino, assistendolo nella navigazione senza mai lasciarlo solo.
In secondo luogo dovrebbe conoscere quelli che sono i segnali d'allarme utili per l'individuazione precoce di comportamenti infantili considerati come possibili indizi di violenza sessuale quali, ad esempio, la comparsa di nuove paure, il cambiamento di comportamenti abituali, espressioni anomale di sessualità, cambiamenti nel rendimento scolastico e nella relazione con i genitori.
Per non incorrere in facili allarmismi é, però, utile sapere che tali indicatori non sono tipici solo dell'abuso sessuale, ma possono essere determinati anche da altre forme di disagio.


Infine, per prevenire e combattere efficacemente la pedofilia e la pedocriminalità, è necessario mettere i bambini stessi nella condizione di apprendere i principi di prevenzione e di sicurezza, senza falsi moralismi o pudori, sia pure con un linguaggio adatto alla loro età e rispettando la gradualità dello sviluppo. Occorre dialogare coi propri figli: dialogare e confrontarsi senza esasperare il problema ma prospettando le gravi conseguenze che potrebbero derivare da incontri indesiderati.

Cinzia Mammoliti


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Deborah Di Donna
Titolare licenza investigativa in ambito commerciale e penale
www.didonnainvestigazioni.com

mercoledì 3 agosto 2011

OMICIDIO MELANIA REA

Gli indicatori di menzogna nelle deposizioni di  Parolisi prima dell'arresto

Si sta tanto  parlando, da mesi, dell'omicidio di Melania Rea, la giovane donna di Somma Vesuviana scomparsa il 18 aprile scorso e ritrovata morta due giorni dopo. Un ennesimo omicidio efferato,  al momento senza colpevoli, che vede, però, iscritto, nel registro degli indagati, il marito della vittima: Salvatore Parolisi, caporal maggiore dell'esercito che a fine aprile ha rilasciato  un'intervista alle telecamenre della nota trasmissione tv "Chi l'ha visto".


Capita raramente che mi soffermi davanti alla televisione, di qualunque argomento si tratti, tuttavia, nel caso specifico la mia attenzione venne immediatamente catturata dalle modalità comunicative di Parolisi. Mi occupo da anni di comunicazione menzognera, addestrando le Forze dell'ordine ad individuarne gli indicatori verbali e non verbali, ma nel caso del caporal maggiore indagato rimasi profondamente sorpresa dall'evidente sforzo che gli costava mentire. Perché non avevo alcun dubbio sul fatto che mentisse. La menzogna costituisce il prodotto di una manipolazione attenta e complessa dell'atto comunicativo che richiede il controllo di numerosi fattori  da parte di chi vi fa ricorso. Il linguaggio del corpo é di fondamentale importanza quando si mente e si osserva proprio per comprendere se vi siano incongruenze tra quanto detto e quanto espresso non verbalmente poiché se i contenuti verbali si possono controllare quelli non verbali molto meno essendo fondamentalmente istintivi. Sguardo, mimica facciale, movimenti del corpo, tono, timbro e ritmo della voce nonché pause e silenzi a volte dicono molto di più rispetto alle parole.

Segnali come l'espressione facciale delle emozioni hanno una forte connotazione biologica, innata, e presentano similitudini con i segnali utilizzati dai primati non umani. In genere la nostra attenzione è focalizzata sul contenuto delle conversazioni che intratteniamo con gli altri.
Ma quando c'è contraddizione tra ciò che diciamo con le parole e ciò che comunichiamo con il linguaggio del corpo è proprio quest'ultimo che riesce ad imporsi sulla dimensione linguistica, grazie alla sua maggiore visibilità e alle scarse possibilità di essere dissimulato.
Il modo migliore per dissimulare le forti emozioni é mettersi una maschera , la maschera migliore é un'emozione finta che non solo serve a sviare ma costituisce il miglior camuffamento. Quella indossata da Parolisi, nell'intervista in oggetto, vorrebbe trasmettere  afflizione e preoccupazione ma si rilevano troppe forzature nel controllo della mimica facciale. Il bugiardo, di solito, sorveglia e cerca di controllare le parole e l'espressione del viso sapendo che gli altri concentrano lì la loro attenzione ma  lo sforzo dell'indagato sembra più focalizzato sulla parte bassa del proprio volto, mento e bocca,  che non su quella alta (occhi e fronte).

Osservando il filmato si può infatti notare che gli angoli delle labbra sono rivolti all'ingiù come ordinariamente avviene in situazioni emotive come quelle di tristezza e afflizione ma occhi, sopracciglia e fronte sembrano completamente scollegati sotto il profilo espressivo. Nella mimica della tristezza gli angoli interni delle sopracciglia dovrebbero essere, infatti, sollevati e  ravvicinati e l'angolo interno delle palpebre superiori  sollevato, la fronte, che costituisce la sede principale dei movimenti muscolari più difficili da falsificare, dovrebbe essere corrugata. Lo sguardo di Parolisi sembra invece sereno, a tratti disteso, ogni tanto socchiude le palpebre in maniera palesemente forzata per cercare di dimostrare contrizione ma la dicotomia tra parte alta e bassa del volto è troppo evidente e tale da conferire a tutto il viso un senso di irrealtà e finzione. Il battito troppo frequente, poi, delle ciglia rappresenta un ulteriore indicatore di menzogna. L'aumento della frequenza del battito delle ciglia costituisce spesso una reazione generata dall'inconscio per creare un blocco dall'interno. L'inconscio é consapevole che ciò che esce dalla bocca non corrisponde al vero quindi cerca di bloccarlo chiudendo gli occhi e prendendone, così, anche le distanze.

Numerose inoltre le pause e le esitazioni del caporal maggiore durante l'intervista, ulteriori indizi rivelatori di comunicazione mendace. Una domanda in particolare ha fatto cadere l'indagato in una pausa troppo lunga:  "... in caserma sapevano già che il giorno dopo lei si sarebbe visto con sua moglie e con la bambina sareste andati a fare le visite. Questo é importante come particolare non crede ?" Lunga esitazione, sbattito nervoso di ciglia e relativo tentativo di recupero del momento critico attraverso l'arricchimento  della restante parte della ricostruzione di un'infinità di dettagli superflui che anziché renderlo più credibile, come senz'altro era nelle sue intenzioni, l'hanno fatto svelare ancora di più. Oltre agli indicatori non verbali ve ne sono, infatti, anche di verbali atti a facilitare l'individuazione di una menzogna. Tra questi, ad esempio, i particolari superflui, appunto, e la presenza consistente di informazioni irrilevanti e fuorvianti.

Altro momento critico si verifica quando viene chiesto a Parolisi a che ora fosse stato al supermercato. Tira un lungo sospiro e ricorre a numerose pause ricominciando a parlare ricorrendo a dettagli inutili e poco pertinenti. Delle ricerche hanno, dimostrato che nella situazione a bassa attivazione emotiva (menzogna preparata) vi sia, da parte di chi mente, un maggior ricorso alla strategia della prolissità  ciò dovrebbe comportare da un lato presenza di un maggior numero di parole, di argomenti e di pronomi dall'altro un utilizzo più consistente di variazioni della frase standard con aumento della complessità degli enunciati .
Nella comunicazione menzognera preparata, come a mio parere era questa,  l' impegno cognitivo richiesto per pianificare e attuare la falsificazione delle proprie credenze si manifesta con la comparsa di un numero rilevante di pause brevi coniugata a enunciati più lunghi prolissi e ridondanti . Qui il menzognero tende a impegnarsi in un discorso che risulti persuasivo e credibile per l interlocutore sforzo che ha visto concentrato Parolisi per tutta la durata dell'intervista.

Nella comunicazione menzognera impreparata, invece, come poteva essere quella in risposta alle domande dell'intervistatore sugli orari, colui che mente, in funzione dell'atteggiamento critico, reale o supposto, dell'interlocutore, tende a manifestare un'incapacità cognitiva momentanea nel gestire la menzogna e nel riprogrammare tempestivamente le proprie mosse tattiche appropriate alle richieste dell'interlocutore, esattamente come ha fatto Parolisi nel filmato che abbiamo osseravto.

Non sappiamo perché l'indagato abbia mentito, se per coprire sé o qualcun altro o per ragioni che non ci é dato sapere. Sta di fatto che conoscere le principali tecniche e strategie di comunicazione sia verbale che non verbale fornisce un grande aiuto nell'individuazione delle informazioni mendaci e manipolate di qualunque ambito operativo si tratti.

Cinzia Mammoliti


lunedì 1 agosto 2011

Mobbing riconoscerlo e difendersi ...

Col termine mobbing ci si riferisce ordinariamente ad una forma di violenza psicologica tipica dei posti di lavoro caratterizzata da particolare cruenza e oltremodo lesiva della dignità personale e professionale.

Attraverso una serie di comportamenti persecutori quali angherie, vessazioni, umiliazioni, demansionamento ed emarginazione, datori di lavoro, colleghi o entrambi, mirano usualmente a far lasciare il posto di lavoro a una vittima prescelta.
Quest'ultima, presa di mira, all'improvviso e immotivatamente, inizialmente non si rende conto di quel che sta accadendo, ma poco alla volta, con l'aumentare nel tempo dell'intensità delle azioni violente  comincia a sviluppare una vera e propria sindrome che può condurre a seria compromissione della salute psico fisica.
Ansia, stress, nervosismo, disturbi del sonno e dell'alimentazione, problemi gastrici e circolatori, mal di testa sono soltanto alcuni dei sintomi che segnalano che la salute é  in pericolo e quando ci si accorge spesso è troppo tardi. Nei casi estremi si può arrivare anche a sviluppare un DPS (disturbo post traumatico da stress) o una depressione.
Ecco perché é importante imparare a riconoscere da subito i primi segnali di un disagio come quello che deriva dal subire violenza sul posto di lavoro. Attraverso l'individuazione delle prime azioni finalizzate a destabilizzarla, la vittima ha modo di contrattaccare e difendersi prevenendo le gravi conseguenze che potrebbero derivarle dal subire.
Il tema, di estrema attualità, costituisce, ad oggi, sia in Italia che nel resto d'Europa un fenomeno di portata immensa anche per l'elevata cifra oscura che lo caratterizza. Sono ancora pochi, infatti, i lavoratori che denunciano questa subdola e pericolosissima forma di violenza  anche perchè spesso paralizzati dalla paura di perdere il posto di lavoro.
Anche se in Italia non esiste ancora una legge in materia di mobbing, e quindi lo stesso non è configurato come specifico reato a sé stante, le azioni collegate possono però rientrare in altre fattispecie di reato, previste dal codice penale, quali l'ingiuria, la diffamazione, la violenza privata, i maltrattamenti, le lesioni personali gravi o gravissime. La legge italiana disciplina inoltre il risarcimento del danno biologico che può derivare a chi é stato vittima di azioni di mobbing.
Strumenti per difendersi dunque ne esistono. Basta conoscerli per poterli utilizzare.


Per approfondimenti o informazioni su i nostri seminari visitate il sito: www.didonnainvestigazioni.com

venerdì 29 luglio 2011

L'arresto di Parolisi . Presto le spiegazioni della nostra criminologa


La notizia non ha colto di sorpresa la criminologa Dott.ssa Cinzia Mammoliti.
Nei prossimi giorni su questo blog ci spiegherà il perchè.
Iscrivetevi per ricevere in tempo reale sulla vostra mail i post che pubblicheremo e,se desiderate approfondire l'argomento, prenotatevi per partecipare al prossimo corso sulla "comunicazione non verbale " tenuto dalla dott.ssa Mammoliti in collaborazione con Di Donna Investigazioni ed EBA.
Deborah Di Donna

mercoledì 27 luglio 2011

CONFLITTI NELLA COMUNICAZIONE

Tra le competenze necessarie alla realizzazione di una comunicazione efficace vi è quella di saper prevenire e gestire i conflitti che possono insorgere.
Tuttavia non sempre e non necessariamente i conflitti sono da evitare: anzi, talvolta si possono rivelare addirittura costruttivi.
Si intende, con questo corso, imparare a individuare le principali cause che possono determinare malintesi e diverbi che vengono a costituire un  ostacolo a una comprensione proficua tra emittente e destinatario del messaggio al fine di rimuoverle. Si vogliono, però, anche offrire gli strumenti per affrontare nella maniera più idonea quei conflitti che possono trasformarsi in costruttivi momenti di confronto.
Partendo dall’individuazione delle principali tecniche di gestione dei conflitti nella comunicazione si avrà, inoltre,  modo di imparare a controllare e canalizzare la propria e altrui emotività trasformando il conflitto in consenso attraverso la negoziazione che costituisce una vera e propria arte appannaggio di pochi.

lunedì 25 luglio 2011

Tecniche di intervista efficace: perchè è fondamentale conoscerle ..

"Una buona conduzione di interviste testimoniali e interrogatori di polizia richiede la conoscenza delle principali tecniche e strategie di comunicazione efficace. Il setting dell’intervista è infatti molto particolare e gli interlocutori non si trovano su un piano paritario. E’ importante  imparare ad ascoltare con attenzione non soltanto il contenuto dei messaggi che si ricevono ma anche a percepire i segnali segreti del corpo che sono da decodificare accuratamente in considerazione soprattutto del fatto che ci si può trovare di fronte a comunicazioni menzognere. Riconoscere, dunque i principali indicatori della menzogna e le modalità di comunicazione manipolatoria aiuteranno gli operatori del settore a condurre interviste efficaci e spendibili sul piano operativo"
Cinzia Mammoliti
Se desiderate approfondire l'argomento Vi invito a partecipare al mio prossimo corso che si terrà a Milano a fine novembre.
Per essere sempre aggiornati sulle nostre iniziativi e sulle date dei corsi iscrivetevi alla newsletter dei siti www.didonnainvestigazioni.com  e a quello  dell'associazione E.B.A. www.europeanbodyguard.com
Buona serata!
Deborah Di Donna

lunedì 4 luglio 2011

Il PROFILO CRIMINOLOGICO: DALLA SCENA DEL CRIMINE AI PROFILI SOCIO-PSICOLOGICI

Sono aperte le iscrizioni al corso il profilo criminologico tenuto dalla dott.ssa Cinzia Mammoliti in collaborazione con Di Donna Investigazioni di Deborah Di Donna e l'associazione E.B.A. di Milano.
Per maggiori informazioni e per conoscere le modalità di iscrizione scrivete a : info@europeanbodyguard.com oppure a info@didonnainvestigazioni.com.
Ricevere in tempi brevissimi tutte le informazioni richieste.

Obiettivo: fornire strumenti utili alla costruzione di un profilo psicologico criminale attraverso l'interpretazione di informazioni collegate alle circostanze di un crimine per spiegare il comportamento delittuoso e facilitare la cattura del reo

Destinatari: Forze dell'ordine, investigatori privati, operatori di agenzie investigative, altri soggetti interessati a conoscere o ad approfondire  l'argomento

Titolo di studio richiesto: diploma scuola superiore o laurea triennale.

Programma:

-        Tratti di personalità criminale
-        Disturbi di personalità e disturbi mentali
-        Il narcisismo benigno, patologico e benigno
-        Le nove categorie di temperamenti
-        Il profiling come processo evolutivo
-        Classificazioni di tipologie criminali
-        Le classificazioni motivazionali della criminalità
-        Classificazioni soci-ambientali della criminalità
-        La scena del crimine e lo staging
-        Classificazione dei serial killer
-        Le 24 componenti psicodinamiche dei serial killer
-        Esempi di serial killer italiani
-        L'imputabilità dei serial killer